... Leggendo ‘Porte di Scirocco’ colpiscono le peculiari modalità con cui Rossati approccia i contenuti mediante il suo essere sia pittore che scrittore: mescolando, cioè, l’acuta sensibilità iconica con la creatività letteraria. Il suo vivido stile narrativo è talmente pervaso da una confluenza fortemente peculiare tra mondo letterario e mondo iconografico, da far spiccare con risolutezza il romanzo di Rossati nel panorama editoriale odierno, portandolo a rappresentare una prospettiva fortemente nuova per la letteratura italiana contemporanea…”. Ilaria Antonelli
BREVE SINOSSI
La narrazione si svolge in una notte romana di scirocco eccezionalmente rovente. Il bell’ombroso poeta Pio Arcangeli, dopo alcune boccate a uno spinello ‘tra vecchi amici’, sprofonda in una serie di trip agghiaccianti: continui vortici di allucinazioni e rapimenti che lo risucchiano fino alle porte d’un inferno orrendamente concreto: un labirinto multipiani dove magia e pazzia s’inseguono per divorarsi tra loro e dal quale il protagonista riesce a fuggire per ‘puro miracolo’. Più la notte scorre, però, più le ‘allucinazioni’ diventano simili a flussi di rivelazioni e percezioni di universi prima inconcepibili, ma ora concretissimi: a volte spaventosi, a volte allettanti, non di rado perfino sublimi. Incontri, scontri, dialoghi, riflessioni, amori: tutto assume i sembianti d’un delirio travolgente e molto più reale del reale: compresi gli omicidi stregoneschi che costellano la narrazione, e comprese le dirompenti teofanie ‘casual’ e le inesplorate fantasmagorie, momenti essenziali del racconto. Fino allo stregato incontro con Giulia Violante, la donna destinata al poeta Pio Arcangeli dai numi in persona.
E se, anziché matto, Pio fosse all’improvviso diventato un vero illuminato con tanto di supercoscienza e capacità paranormali?
I toni del romanzo fluttuano tra acida ironia e rarefatta mistica, tra epica e tragicommedia romanzesca, tra invettiva scatenata ed esegesi alchemica… In queste pagine, inoltre, si parla male di quasi tutto e tutti, autore compreso: insomma, il bon ton, il politically correct e il lèche-culism qui non sono di casa. O quasi.
Leo Scarlatti

Dall’incipit di PORTE DI SCIROCCO
“… «Basta così», sbuffò Pio, «L’afa m’ha completamente spompato». Uno scirocco rovente spingeva su Roma dall’alba, e nonostante il sole ora quasi al tramonto, il caldo non accennava a diminuire. Specie in casa, dove con tutte le finestre spalancate non si muoveva un filo d’aria. Lasciò andare la schiena sulla spalliera, guardò con odio il condizionatore in panne e sbuffò di nuovo; poi sfilò il tappetino da sotto il mouse e prese a sventolarsi la faccia sudata: il che servì solo a spingergli addosso dell’aria calda in più. Allora mollò il tappetino, poggiò i gomiti sulla scrivania e la testa sui polpastrelli: pollici, indici, medi, anulari… I mignoli li lasciò fluttuare sopra la fronte come i corni del Mosè, o come due antennine tese a reconditi mondi di frescura. «Altro che scrivere… Sono così incazzato che sbatterei il computer per terra», si disse, «Non – ries – co – a com – bina – re nien – te…», cantilenò. In effetti l’ispirazione gli si era squagliata nel sudore, quindi tanto valeva uscire e andarsi a ficcare in qualche locale coi condizionatori a palla. Ma il suo nuovo romanzo? Non poteva mollarlo senza rifinire l’incipit…”.
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